Il progetto per le stazioni a valle e monte della funivia Bolzano-San Genesio si costituisce come un unico intervento di riconnessione tra il capoluogo altoatesino e la località di San Genesio, qualificandosi non come mero intervento d’interpretazione di due manufatti tecnici ma quale occasione per la riconfigurazione di assetti spaziali capaci di reinterpretare la dialettica tra natura – artificio, spazio aperto – spazio edificato, condizioni locali – assetti territoriali. Pur agendo in un quadro di strategie trasformative comuni, le condizioni di contesto specifiche in cui le due stazioni sono inserite, presentano alcune specificità locali, delineando un comune approccio al progetto declinato in maniera differenziata. La strategia alla macro scala lega il progetto delle due stazioni a un tessuto connettivo più ampio: percorsi ciclabili, sentieri escursionistici, sistemi di spazio aperto lungo il torrente Talvera divengono parte di una rete che lega, seppur a quote altimetriche, secondo condizioni topografiche differenti, tanto la Val Sarentino alla città di Bolzano quanto il complesso sistema che comprende San Genesio e l’altopiano del Salto, i cui nodi notevoli sono costituiti da architetture storicizzate dallo sviluppo prevalentemente verticale, segni discreti capaci di integrarsi con il paesaggio, punti privilegiati di presidio del territorio. Castel Roncolo, Castel Mareccio, Castel Rafenstein, Torre Druso, sono solo alcune delle emergenze che divengono caposaldi nel paesaggio, architetture con cui il progetto delle stazioni a valle e monte per la nuova funivia Bolzano San Genesio tenta di costruire una dialettica, tanto nella volontà di elevarsi come “nodo” quanto nella costituzione spaziale di una nuova architettura, radicata alla tradizione locale da un lato, capace di definire un linguaggio architettonico contemporaneo dall’altro.
Coerentemente con questo approccio interpretativo del territorio, il progetto tenta di declinare due architetture capaci di interpretare lo spessore del muro, discrimine tra condizioni di internità ed esternità, come contenitore di luoghi, intervallo abitato in cui possono disporsi collegamenti verticali, grandi e profonde bucature capaci di inquadrare il paesaggio circostante, spazi di servizio, cavedi tecnici. Il principio compositivo che porta alla definizione delle due architetture è quindi quello della sottrazione: in entrambi i manufatti un volume primario che si configura come un blocco monolitico viene scavato ed eroso. Come nell’architettura fortificata che connota il paesaggio circostante, il muro diviene luogo abitato, spazio di soglia tra l’internità dell’edificio e l’intorno. In continuità con questa logica i due volumi si connotano per la loro matericità, elementi che si modellano adattandosi alla morfologia degli elementi propri del paesaggio circostante, masse capaci di radicarsi al suolo.
A fronte di un linguaggio architettonico comune, i volumi delle due stazioni si declinano in maniera differente, risentendo delle specifiche condizioni locali di contesto. La stazione a valle, interpretando da un lato l’idea di muri abitati, capaci di definire la sequenza tra la Talvera, il lungo fiume, connotato dal sistema di vie ciclabili, il nuovo parcheggio a raso posto in quota con la SS508, la piazza antistante la stazione di valle, diviene da un lato elemento basamentale, metafora del muro di contenimento dei terrazzamenti di coltivazioni a vite, dall’altro volume verticale, segno in grado di designare un punto privilegiato, apparato coerente con le necessità tecniche dell’edificio. Il progetto trasformativo per stazione a monte, come da specifica richiesta del bando di concorso, tenta di declinare in maniera diretta il rapporto tra paesaggio ed architettura, declinando il tema una grande terrazza – basamento capace di ospitare le dotazioni tecniche necessarie al funzionamento dell’impianto pur costruendo un luogo privilegiato da cui osservare la vallata di Bolzano.
Nella stazione a monte prevale dunque la dimensione orizzontale, ad esaltare lo stretto rapporto che la stazione stessa stabilisce con il fronte della montagna alla quale si ancora, divenendo essa stessa parte della topografia del luogo. La matericità ricercata nella composizione del volume architettonico declina la solidità del paesaggio circostante: volontà progettuale è quella di esprimere un rapporto intenso con il luogo, stabilendo una continuum spaziale tra il paesaggio esterno ed un interno costituito da cavità intervallate da pieni che ospitano le funzioni da programma. Il principio compositivo che regola i due volumi architettonici della stazione a valle e della stazione a monte è quello dello scavo: l’azione progettuale avviene per sottrazione di materia a partire da un elemento pieno monolitico nel quale vengono ricavate delle cavità che costituiscono gli spazi di connessione interna dei due edifici. L’architettura si manifesta in un gioco di alternanze di pieni/vuoti che favoriscono mutevoli percezioni dello spazio e in cui l’ingresso della luce assume forme differenti, con il succedersi di zone illuminate da luce diretta e ambienti caratterizzati da una luce indiretta e soffusa. La luce diventa essa stessa materia della costruzione, dispositivo operante e corporeo del progetto. La stazione a valle si costituisce di un solido basamento a sviluppo prevalentemente orizzontale che ricostruisce il bordo della nuova piazza antistante la stazione stessa e di un volume a sviluppo verticale che emerge da tale basamento e che si pone all’interno del sistema di elementi verticali precedentemente descritto.
La stazione a monte, invece, assume il ruolo da un lato di grande palco sul paesaggio della vallata sottostante, dall’altro declinando il tema dell’accesso come un volume monolitico capace di disvelarsi all’interno della vegetazione boscata che caratterizza il promontorio su cui si colloca. La struttura della stazione a valle, così come quella della stazione a monte, è in cemento armato. I fronti, caratterizzati da calcestruzzo pigmentato, con inerti locali, lasciato a vista, enfatizza la componente materica e fisica dei volumi, connotati da una tessitura capace di divenire metafora della pietra locale, reinterpretazione di un carattere litico. L’idea che l’elemento architettonico sia generato da un volume monolitico scavato ed eroso dall’azione progettuale è supportata dalla continuità materica che si stabilisce tra esterno ed interno.
Committente: STA Bolzano – Concorso
Volumetria: 3.405 m3
Superficie: 1.135 m2
Anno progetto: 2018
Progettazione: FORM_A
Team di Progetto: Andrea Fradegrada, Sandra Maglio, Elena Scattolini, Giovanni Munafò, Simone Natoli, con Nicola Baserga (Baserga&Mozzetti architetti)
Consulenti: ZH srl, Ing.Taglietti, Urbanstudio Ing.Vanetti, arch.Daniele Didone
Immagini: Onirism
Premi: Progetto Finalista